recensione

‘Lasciami entrare’: vale la pena

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Ottobre è finito. E io, soprattutto grazie ai lunghi spostamenti tra treni e aerei di questo mese, sono riuscito a terminare “Lasciami entrare” di Lindqvist, il mio libro di #Orrobre ’23. Qualche news sparsa che mi ha colpito: è stato il libro d’esordio assoluto di Lindqvist ed è stato un successo travolgente prima nella natia Svezia e poi in tutto il mondo. Ne sono stati tratti due adattamenti cinematografici, uno svedese e un remake hollywoodiano. Lindqvist prima di dedicarsi alla scrittura ha lavorato dodici anni come prestigiatore. Suo padre è morto annegato e in effetti le scene in cui compare l’acqua sono molto ansiogene ma lo sarebbero state anche senza questa informazione. “Lasciami entrare” ha un sequel in un racconto (non tradotto in Italia). Lindqvist è grande fan di Morrisey e il titolo originale del libro è una cit dell’ex Smiths (“let the right one in”). Il libro è ambientato nella periferia di Stoccolma, a bleckeberg, sobborgo in cui vive (o è cresciuto, non ho capito) l’autore. Detto questo: com’è il libro? Promosso ma impegnativo. La prima metà l’ho trovata lenta e ridondante, ho faticato a seguire la costruzione dei tanti personaggi e spesso mi ha annoiato. La seconda parte invece diventa un page turner inesorabile fino al finale. Cruento più che spaventoso, il soprannaturale è spiegato in termini clinici come fosse un’infezione, un virus (oppure molto simile al fungo di “the last of us”). Alcune scene costringono il lettore a chiudere il libro, tipo – qui capirà solo chi l’ha letto – quella dei gatti. Personaggio migliore ovviamente è l’unico personaggio positivo, la piccola coprotagonista vampira. Personaggio che proprio non mi ha convinto è il famiglio (specie nella sua diciamo seconda versione). Copertina edizione italiana bellissima (opera dell’illustratore Massimo Soprano). Frase da salvare: la cit che apre uno dei capitoli e che dà il senso alla storia: “il mistero dei sobborghi è la loro mancanza di mistero”.
Insomma, bello ma richiede fiducia. Al prossimo orrobre.

Di |2023-10-30T11:47:43+01:0030 Ottobre 2023|Categorie: recensione|21 Commenti

Qualcosa di insolito

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Qui siamo abituati a leggere critiche, insulti e contumelie e non ce ne doliamo. Ma il 2023 lo iniziamo con una cosa rara: qualcuno che elogia una mia vignetta (neanche mia mamma mi definirebbe mai “superbo”) e ne offre una lettura interessante che vi consiglio. É successo su Il Quotidiano del sud e la firma è di Pietrangelo Buttafuoco, che è uno che quando parla di Goethe, Dante e teologia sa quello che dice. E a leggerlo fa quasi sembrare che io sia uno che quando disegna sa quello che fa.
Molto bello, ma non abituiamoci.

#satira #ratzinger #benedettoxvi #buttafuoco #natangelo

Di |2023-01-03T09:48:24+01:003 Gennaio 2023|Categorie: recensione|Tag: |5 Commenti

Pedopornografia o censura? L’affaire Vives

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Bastien Vives 20100328 Salon du livre de Paris 1

Vives al Salone del libro di Parigi nel 2010

(Questo articolo è stato pubblicato, in una versione più breve, da Il Fatto Quotidiano nell’edizione del 24 dicembre 2022.
Ho cercato di mettere in fila i fatti e le reazioni ai fatti, astenendomi dal prendere una posizione o esprimere un’idea in proposito)

Pedopornografia o censura? Un dibattito spacca il mondo del fumetto francese.
Tutto inizia con il festival di Angouleme, il più importante di Francia e quindi il più importante d’Europa, quando annuncia la mostra principale dell’edizione di gennaio 2023: una retrospettiva sul lavoro del fumettista Bastien Vives. Perchè le polemiche?

Partiamo dall’inizio. E’ il 2009 quando un autore di appena 24 anni riceve il ‘premio rivelazione’ al Festival di Angouleme con un libro intitolato ‘Il gusto del cloro’. L’autore si chiama Bastien Vives e il libro racconta di un innamoramento adolescenziale tra le corsie di una piscina. Il talento è debordante ed è subito chiaro che Bastien non è uno qualsiasi e che farà molta, molta strada. Dopo arrivano ‘Nei suoi occhi’ (2009) e infine ‘Polina’ (2011), in cui l’autore racconta di ragazze alle prese con la danza classica. Vives fa incetta di premi e passa definitivamente dall’essere una giovane promessa a grande talento. Ma dopo questo libro il ragazzo prodigio fa una virata.

E’ del 2011 ‘Meloni di rabbia’: fumetto erotico, protagonista un’adolescente con seno enorme che finisce nelle mani di uomini che approfittano sessualmente di lei. E’ poi la stessa protagonista a fare sesso col fratellino di otto anni, Paul: una volta scoperto che il bimbo ha un pene gigante non resiste a praticargli del sesso orale. Stupro, incesto e pedofilia: il pubblico si divide tra chi accusa Vives di pedopornografia e chi lo difende spiegando che sono opere fantastiche e grottesche. Di certo non aiuta a placare gli animi il fatto che il libro si chiuda con un saluto a tutti i ‘bedophiles’ (gioco di parole – intraducibile – tra ‘amanti del fumetto’ e ‘pedofili’). Nè aiutano le dichiarazioni dell’autore che parla del disegno come ‘sfogo’ per le sue ‘fantasie sessuali’. In un’intervista per il giornale Madmoizelle Vives dirà: “Le lettrici non hanno apprezzato il libro. Pensavo che l’incesto fosse una fantasia femminile ma di fatto pare che le ragazze non sognino di andare a letto con i fratelli o con il padre…. C’è qualche scena di stupro, potranno apprezzarlo perchè mi risulta che lo stupro sia una fantasia femminile”.

Un talento senza limiti
Nel 2017 arriva in libreria ‘Una sorella’: è la storia dell’amore tra due adolescenti, lei 16 anni, lui 13. Il titolo allude all’incesto (pur se nel volume non viene mai reso esplicito), la critica grida al miracolo: Bastien è ‘ammaliante’ e ‘sublime’. Da questo fumetto sarà tratto un film, Falcon Lake, presentato a Cannes nel maggio 2022 (non è una novità per Vives: anche Polina è diventato un film e dal suo fumetto Lastman è stata tratta una serie animata).

Nello stesso anno, un’ombra si allunga: il fumettista attacca via facebook una fumettista che si chiama Emma Clit, si dedica a tematiche di genere e ha appena dato alle stampe un fumetto sul carico mentale domestico (la suddivisione delle faccende domestiche in seno ad un contesto di coppia uomo-donna). Bastien si scaglia contro l’autrice definendola ‘cogliona ritardata’ che ‘inspiegabilmente’ ha deciso di comunicare un messaggio del ‘livello mentale di due anni’ e di farlo con un fumetto ‘pur non sapendo disegnare’. E rincara – nei commenti – scrivendo che gli piacerebbe che uno dei suoi figli la pugnalasse e poi facesse un fumetto per raccontare come lui l’abbia pugnalata. Emma prova a difendersi ma rimane sostanzialemente inascoltata: Vives è già un gigante, dopotutto, corteggiato da editori, festival e media.

Nel 2018 arrivano tre nuovi libri: ‘La camicetta’, ‘Lo scarico mentale’ e infine ‘Petit Paul’ che inaugura per l’editore Glenat la collana Porn’pop. ‘La camicetta’ è la storia di un’adolescente ‘piuttosto insignificante’ che grazie a una camicetta scopre il modo nuovo in cui gli uomini la guardano. ‘Lo scarico mentale’ è una risposta beffarda (un trollaggio, diciamo) al libro di Emma Clit: una famiglia in cui le quattro donne di casa, madre e tre figlie di differente età (10, 15 e 18 anni) trovano piena realizzazione nel compiacere – anche sessualmente – gli uomini di casa. ‘Pornocommedia’, come l’ha definita Comicon Edizioni stampandola in italia, con scene esplicite d’incesto. Compresa l’eiaculazione sul volto della bimba di 10 anni.
Ma sarà il terzo libro della tripletta, ‘Petit Paul’, a scatenare il vero casino.
E’ un seguito di ‘Meloni di rabbia’ ed è ancora inedito in Italia. Il protagonista è Paul, bimbo dotato di un pene di 80 cm (la misura di una baguette, per intenderci) che, grazie a questa sua meraviglia, suscita irresistibili voglie nelle donne intorno a lui generando “situazioni comiche”. L’editore, riconoscendo la particolarità dell’opera, sottolinea come lo straordinario talento artistico di Vives gli permetta sostanzialmente tutto.

Contro Vives
Ma non tutti sono d’accordo. Parte del sistema culturale francese insorge considerando il volume una ‘normalizzazione’ se non una ‘promozione delle pedocriminalità’. Sui social molte autrici e autori attaccano Vives e la sua ‘erotizzazione dell’infanzia’. Viene lanciata una petizione online per chiedere il ritiro dell’opera per violazione delle disposizioni del codice penale in materia di pedocriminalità e per ottenere le scuse dell’editore. I magazzini Cultura e Gibert decidono di ritirare dai loro scaffali il libro ed è la prima volta per un fumetto in Francia, una terra avvezza alle provocazioni di Charlie Hebdo. L’editore Glenat difende Vives: “Quest’opera di finzione, per quanto oscena e provocatrice la si possa considerare, è solo una caricatura in cui il disegno, volutamente grottesco e sproporzionato, non lascia alcun dubbio sulla natura totalmente irreale del protagonista e del contesto in cui agisce”.
Il tema usato per chiederne il ritiro è che queste opere violano la legge ma, secondo la letteratura giuridica, gli articoli 227-23 e 227-24 del codice penale francese che condannano la “rappresentazione pornografica […] di un minore” non si applicano ai disegni e quindi al fumetto e la giurisprudenza sul tema è ancora troppo lacunosa per potere chiarire i contorni della faccenda. Questione interessante è la maggiore libertà che sembra riconosciuta al fumetto rispetto ad altre rappresentazioni artistiche. Prendendo ad esempio il film tratto da ‘Una sorella’: gli adolescenti sul grande schermo non vengono mai mostrati nudi e l’unica scena di sesso esplicito presente nel fumetto viene espunta dal film. Altro tema di chi ha attaccato Vives è che queste opere siano sostanzialmente un’incitazione alla pedofilia e sul punto le due fazioni, pro-Vives e contro-Vives, divaricano completamente: da un lato c’è chi teme che l’arte possa spingere a trasformare in azioni quelle che sono solo fantasie e dall’altra chi pensa che l’arte abbia un valore catartico e, anzi, depurativo demolendo un tabù.

Il dibattuto fa tornare a galla vecchie dichiarazioni come quella del 2005 in cui Vives afferma: “A volte mi sento attratto da bambine di 10 o 12 anni: allora mi dico, ‘Cazzo, sono un pedofilo’ ma in effetti non faccio niente e forse si tratta di pulsioni che chiunque potrebbe provare”. Oppure l’intervista del 2017 in cui il fumettista dice: “l’incesto mi eccita mortalmente: non quello della vita reale, ma quello di finzione […]Siccome io non ho sorelle maggiori e non posso praticare l’incesto nella vita reale, lo faccio nei disegni”.

Deprogrammatelo
E torniamo a oggi e al ‘caso Vives’: la mostra dedicata al più celebrato giovane autore francese dal più importante festival del fumetto europeo. Il 9 dicembre è stata lanciata una petizione online sul sito mesopinions.com da Arnaud Gallais, fondatore dell’associazione a difesa delle vittime di incesto ‘Prevenir e proteger’ e egli stesso vittima di doppio incesto: la richiesta era la ‘deprogrammazione’ (la definiscono così) della mostra per promozione della pedopornografia. Fausto Fasulo, condirettore artistico del Festival di Angouleme, in prima istanza ha reagito escludendo qualsiasi ipotesi di cancellazione: sarebbe “una sconfitta filosofica enorme”. Inoltre, sottolinea Fasulo, la mostra sarebbe stata di disegni originali e inediti quindi cancellarla sarebbe stata una censura preventiva e ingiustificabile. Benoit Mouchart, direttore editoriale di uno dei principali editori del fumettista, ha stigmatizzato “la confusione in atto tra ciò che fa un personaggio e ciò che pensa il suo autore”. La ministra della cultura Rima Abdul Malak, parlando con Le Parisien, ha detto di comprendere lo sdegno che le parole e i disegni di Vives hanno portato nell’opinione pubblica ma ha poi specificato che un autore tanto prolifico non può essere ridotto solo a queste opere.

La petizione contro la mostra, intanto, arriva a raccogliere più di centomila firme finchè il 12 dicembre viene diramato un comunicato stampa del festival di Angouleme: niente più retrospettiva di Vives, la deprogrammazione ha vinto. “Fatti nuovi” – recita il comunicato – hanno radicalmente cambiato le condizioni che li avevano convinti a programmare la mostra e ‘minacce violente’ rivolte all’autore hanno spinto l’organizzazione a cancellarla per ‘ragioni di sicurezza’. Ma il festival aggiunge anche che “Vives ha fatto vari commenti – negli anni – che a molte persone sono sembrati inappropriati: il festival non ne era a conoscenza. Sta all’autore, nelle forme che riterrà appropriate, darne spiegazione”. I promotori della campagna di ‘deprogrammazione’ festeggiano, ma a metà: il festival non ha preso le distanze dal lavoro di Vives. Però quel che conta – dicono – è che la mostra sia saltata. Anzi, sia stata deprogrammata.

Tout est pardonné?
E Vives? Il 15 dicembre pubblica un lungo post su instagram. E’ un post di scuse, più o meno. Un’abiura. Forse merito di qualche ufficio stampa che ha deciso di prendere sotto la sua ala il brillante talento e provare a salvarlo. Dalla folla inferocita o, forse, da sé stesso.

Condanno la pedofilia e la sua glorificazione e banalizzazione. Condanno la cultura dello stupro e della violenza contro le donne. Esprimo solidarietà alle vittime di incesto o ogni altro abuso sessuale. […] il mio lavoro è variegato, perlopiù verte sul sorgere dell’amore e del desiderio. I miei 4 libri definiti ‘pornografici’ sono venduti incellophanati e sono vietati ai minori di 18 anni […] La mia attività sui social è stata spesso infantile […] Mi pento sinceramente per alcuni commenti, specialmente quelli contro Emma alla quale voglio chiedere scusa. Sono stato gratuitamente violento, irrispettoso e meschino. Ho lasciato Facebook e twitter poco dopo. […] Oggi mi rendo conto che oltre al mio lavoro sono soprattutto le mie dichiarazioni ad aver creato problemi e quindi da oggi in poi userò la massima cautela quando mi esporrò in pubblico o sui media”.

Il post ha più di 2000 commenti. C’è mikhailo_miki che scrive: “Questo poveraccio è sostenuto da borghesi destrorsi conservatori e fascisti che si appellano allo spirito di ‘Charlie Hebdo’ per difendere l’indifendibile”. C’è baba_vau che scrive: “Coraggio, grazie per il tuo lavoro. Che ci sia chi non capisce che un’opera possa essere volutamente scomoda e complessa mi rattrista e mi preoccupa”. E poi c’è Thierry.segur che scrive:
“Personalmente, sarei andato ben volentieri a vedere questa mostra”.

 

 

Alcune reazioni

Qui ho pensato di raccogliere un po’ di reazione raccolte online. Inizio, com’era prevedibile, da Charlie Hebdo che ha preso le difese di Bastien con una vignetta di Riss, superstite della sparatoria del 2015 e attuale direttore del settimanale. La vignetta è piuttosto esplicita.

Il fumettista Manuele Fior (5000 km al secondo, Hypericon, Celestia), che ha gran dimistichezza col mercato e la sensibilità francese, ha pubblicato un post instagram a difesa di Vives: “credo che una società più giusta sia quella che difenda l’essere umano da sé stesso, dalle sue spinte antisociali o autodistruttive, dai demoni che agitano l’uomo da quando è stato capace di pensare il proprio pensiero […] il ributtante, l’osceno, l’atroce sono dentro di noi in misura variabile. Si manifestano nei sogni, nei pensieri non intenzionali, nell’espressione artistica. La tragedia greca raffigura l’osceno per ottenere la catarsi. L’incesto con la madre, l’uccisione del padre sono diventate figure simboliche di quello che è proibito dell’occidente. L’arte, come l’ho sempre intesa, è una forma di confronto con i propri demoni. […] chi commette un crimine lo fa per emulazione, perché ha fatto cattive letture? O piuttosto perché non le ha fatte? Aver letto Lolita rende un po’ pedofili? Aver visto Arancia meccanica rende un po’ stupratori? Aver guardato Beardsley o Schiele rende un po’ incestuosi? Come riusciremo a difenderci da qualcuno se non sapremo più difenderci da noi stessi?“.

Boulet, uno degli autori di riferimento del primo Zerocalcare, ha scritto su twitter, a proposito di un incontro organizzato dal festival di Angouleme che lo avrebbe visto protagonista con Vives: “penso che Vives abbia fatto dei discorsi spregevoli, si comporti da merda sui social e abbia fatto dei disegni vomitevoli. Ho detto all’organizzazione [del festival di Angouleme] che mi ha disgustato l’idea che lui sarebbe stato lì quella sera e che io sarei stato associato a lui” e “ho detto ai suoi compagni d’atelier di consigliargli di non presentarsi“.

Boris Battaglia, autore, editore e traduttore, ha scritto sulla rivista “Quasi” una riflessione interessante dal titolo “il cloro negli occhi” (riporto solo la conclusione, qui c’è tutto): “Che le lettrici e i lettori, sentendosi traditi da un autore la cui opera e la cui realtà ideologica non avevano capito (una bella percentuale di lettori di fumetti non sa vedere ciò che sta guardando, forse perché come quando si nuota in piscina senza occhialini, tiene gli occhi chiusi per non farseli bruciare), si comportino in modo fascista, accusandolo di cose quali l’istigazione alla pedofilia (con rassegnazione dei sociologi d’accatto, abbiamo visto, che non c’è prova alcuna che il racconto, anche delle peggiori nefandezze, causi emulazione) e chiedendo il ritiro delle sue opere e l’annullamento di una sua mostra, personalmente lo trovo anche comprensibile. Che i media e le istituzioni cavalchino questa onda d’indignazione o le si pieghino, amplificandola senza riflettere e adducendo scuse come quella dell’incolumità dell’autore per cancellare mostre già programmate, è una cosa cui faccio sempre fatica a credere”.

Il critico Paolo interdonato ha scritto (anche qui riporto solo le conclusioni, il pezzo completo è qui): “Non si processano le nevrosi, le pulsioni, le ossessioni, le paure e i desideri. Non si processano le intenzioni. Non si processano le rappresentazioni delle intenzioni. Però possono farci schifo. E pure quella la chiamiamo ‘arte’.

Il giornalista Riccardo corbó su Facebook ha scritto una lunga riflessione (riporto solo un pezzo, qui c’è il testo completo) :” La questione non è la realizzazione di un fumetto puramente pornografico, ma il pubblico di riferimento. Che se non ti sei reso conto che ti comprava anche il pubblico di Polina, c’è un problema di inconsapevolezza non lieve. Che se hai voluto invece compire un gesto artistico con lo scopo di sconquassare quel pubblico, destabilizzarlo, frantumare la morale perbenista moralista borghese, è perfetto come gesto, ma chiaramente un numero cospicuo di lettori che viene destabilizzato, sconquassato, frantumato, poi è facile che reagisca con pari impeto contro di te, perché appunto non voleva essere così sconquassato“.

Di |2023-01-02T14:54:24+01:0027 Dicembre 2022|Categorie: recensione|Tag: , , , , |20 Commenti

Una guida turistica dell’orrore

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Da Il Fatto Quotidiano del 23 novembre 2021.

I luoghi hanno una memoria. Gli eventi e le vite che li hanno riempiti – felicemente o tragicamente, nel corso di anni o secoli – si imprimono sulle pareti lasciando aloni, si infilano negli stipiti delle porte che poi si aprono da sole, impregnano le assi dei pavimenti che scricchiolano nel silenzio della notte, riempiono gli angoli delle soffitte acquattandosi dove non arriva la luce: eccoli, i posti raccontati nell’Atlante dei luoghi infestati edito da Bompiani (potete ordinarlo qui), ultimo arrivato nella collana di Atlanti Illustrati che conta tra gli altri l’Atlante dei luoghi misteriosi d’Italia, l’Atlante delle isole remote e l’Atlante dei luoghi maledetti. Una guida turistica del terrore, con tanto di coordinate geografiche: mancano solo i consigli su dove mangiare nei dintorni, ma sarebbero fuori luogo perché con questo atlante non si scoprono i piaceri di qualche Capitale europea, ma le leggende inquietanti nascoste dietro cinquanta posti sparpagliati nel mondo. Quindi o mettete una buona dose di coraggio in valigia o questo libro non fa per voi. Per esempio: c’è una casa sulla collina di Montecristo, in Australia, in cui ancora si aggira la presenza della prima proprietaria, morta da sola e in preda al delirio religioso. E c’è una cascata, in Colombia, maledetta dal sangue degli indios che vi trovarono la morte al tempo dei Conquistadores: proviamo a scoprire che fine ha fatto l’Hotel del Salto costruito su quella sponda nel 1923? E poi c’è una canonica, nel profondo nord della Svezia, tra i boschi e un piccolo cimitero, sotto il cui tetto si sono susseguite così tante morti e violenze da renderla tutt’oggi inabitabile per i vivi. Ci passereste una notte? (Chi vi scrive ci ha provato davvero, qualche anno fa. Esperienza sconsigliabile)(clicca qui per leggere il mio resoconto). Ad accompagnare i capitoli ci sono le tavole di Daria Petrilli, illustratrice elegante ed eterea, che più che disegnare il terrore lo suggerisce con trasparenze e leggere sovrapposizioni. Ai testi c’è invece Giulio D’Antona: sceneggiatore per Topolino, poi corrispondente da New York per varie testate, poi produttore di alcuni dei più acclamati standup comedians italiani e traduttore della scrittrice statunitense Fran Lebowitz (imperdibile su Netflix in Fate finta che sia una città). Da dove gli venga – o, meglio, dove la tenesse nascosta – questa enciclopedica conoscenza dell’orrore non lo sappiamo, ma quello che conta è che l’abbia condivisa. E che abbia deciso di non fermarsi: la prossima tappa sarà Roma, a suo dire piena di spettri. I turisti dell’inquietudine sono avvisati.

Di |2021-12-07T16:54:55+01:007 Dicembre 2021|Categorie: news, recensione|0 Commenti

Tu la conosci Zuzu?

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Da Il Fatto Quotidiano, 11 novembre 2021

C’è un film che si intitola ‘Tu la conosci Claudia?’ del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo. Ruota intorno a una certa Claudia e agli equivoci che nascono quando le identità si confondono. Ecco, leggendo le avventure sentimentali di Claudia in Giorni Felici – l’ultimo romanzo a fumetti di Zuzu (nome d’arte di Giulia Spagnulo, salernitana classe 1996) edito da Coconino-Fandango – quella domanda, “Tu la conosci, Claudia?”, risuona in testa come il rintocco di una campana. Regolare, a ogni pagina. Ma stavolta l’identità confusa non genera equivoci divertenti come al cinema: la storia di Claudia è una storia affilata e puntuta come i personaggi che disegna Zuzu, che si arricciano in mille rivoli come quelli di Altan.
Giorni felici è il racconto di una ragazza di cui sappiamo solo che ha tra i 25 e i 30 anni e che si sta preparando per un provino teatrale (la celebre opera di Samuel Beckett che dà il titolo al libro: Giorni felici). Non è una creatura definita, Claudia, ma si trasforma continuamente: è una sfinge e poi una bestia zannuta, si ferisce con i suoi stessi artigli, si accarezza la coda, fa sesso, beve, sanguina, vomita e poi le spuntano le ali e vola via con un bacio. E i personaggi che le ruotano intorno, amori vecchi e nuovi, restano a guardarla senza capire: “Tu la capisci Claudia?”.
Zuzu prende i sentimenti – quelli in purezza, assoluti dei venti-trent’anni (“È più facile amare alla tua età”, dice uno dei personaggi secondari alla protagonista) – e ce li racconta in presa diretta usando pastelli e matite per 500 pagine, con vignette quadrate e regolari, quasi tutte delle stesse dimensioni, come la scansione di un metronomo che cambia solo in alcune pagine, quando il cuore di Claudia si espande troppo o quando si contrae all’estremo diventando tutto nero. Qual è il confine tra Claudia e Zuzu? Seguendo l’autrice sui social (su Instagram è @sono.zuzu) la vedrete ridere, ballare, disegnare, truccarsi, colorarsi i capelli con nuance simili a quelle di Claudia nel fumetto. Zuzu è uguale a Claudia, e infatti cambia continuamente.
Dopo Cheese (Coconino-Fandango, 2019), il suo romanzo d’esordio che ha fatto incetta di qualsiasi premio il mondo del fumetto abbia in vetrina, non era facile riuscire a stupire ancora i lettori. Ma Zuzu lo ha fatto e lo farà di nuovo, spalancando le ali e librandosi in aria dopo un bacio troppo forte.

Di |2021-11-18T17:09:18+01:0018 Novembre 2021|Categorie: indefinita, recensione|0 Commenti

PIF CONTRO NAT

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Avevo sfidato PIF a st̶r̶o̶n̶c̶a̶r̶e̶ recensire il mio ultimo libro “i peggio stronzi” edito da Edizioni Piemme  con una vignetta e il risultato è stato questo: a me ha fatto molto c̶a̶c̶a̶r̶e̶ ridere ma giudicate voi, perchè ora sono impegnato a disegnare una tavola per p̶r̶e̶n̶d̶e̶r̶e̶ ̶p̶e̶r̶ ̶i̶l̶ ̶c̶u̶l̶o̶ recensire tutti i lavori di Pif.
(ovviamente scherzo e grazie al caro amico Pif per il bellissimo disegno che… Ehi, aspetta: ma ha ricacalcato una mia vignetta! Impostore!)

Di |2021-10-15T11:19:33+02:0015 Ottobre 2021|Categorie: nat show, recensione, vignetta, vita varia|16 Commenti

“Il club delle persone colte che leggono i libri” consiglia

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Da Il Fatto Quotidiano dell’11 agosto 2021

Immaginate gli editori italiani alle prese col fumetto che si aggirano sui social come cani da fiuto alla ricerca del nuovo ‘fenomeno del web’ da lanciare in libreria sperando diventi ‘fenomeno editoriale’. Spoiler: l’operazione riesce raramente e il più delle volte si affastellano in libreria pile di volumi che non valgono un decimo dei like presi online dai loro autori. Eppure, a volte, in questa pesca a strascico può rimanere impigliato un pesce magari non grosso in termini di vendite ma con un dna unico che gli permette il salto di specie: passare dal digitale al cartaceo, rimanendo se stesso.
Prendiamo “Il Gatto, il Kaiju e il Cavaliere”, l’ultimo libro edito da Feltrinelli comics di un autore che si chiama Davide Caporali, si firma Dado e su instagram lo trovate come @dado_stuff. Ecco, Dado – classe 1989 – non è un esordiente: ha collaborato con editori come Bonelli e Shockdom e autori come Sio (Scottecs) e Bevilacqua (A panda piace, Attica); ha centinaia di migliaia di follower che ogni giorno seguono le sue strip autobiografiche di trentenne alle prese con la paternità, comprimario insieme alla sua compagna e al figlio quattrenne. Niente di originale, ok, e infatti a rendere Dado irresistibile è la sua voce, il suo punto di vista, la sua stessa identità. E quando un autore ha questo dna il passaggio sulla carta riesce se si reinventa senza cancellarsi, se attua una mutazione. E così Dado in “Il Gatto, Il Kaiju e il Cavaliere” non abbandona del tutto l’ambito familiare a cui ha abituato il suo pubblico e racconta una favola. Una favola che ha per protagonista una bimba che si chiama Camilla (che potrebbe essere l’alter ego del suo figlio a fumetti a sua volta alter ego del suo vero figlio) e un gatto che si chiama Godzilla (a sua volta alter ego del gatto delle sue strip a sua volta alter ego e vabbè ci siamo capiti). In questo gioco di specchi che mescola identità reale e fittizia, Dado ci infila una storia semplice – più per bambini e ragazzi che per adulti – con una malinconia di fondo che la corrode sempre più fino al finale. L’umorismo (una delle due droghe che dopa ogni fumettista ‘virale’ sui social, l’altra è l’’intimismo depresso’) sempre così presente nei lavori online di Dado in questa favola quasi scompare: ci sono disegni dai colori brillantissimi, tavole ardite e mostri il cui concept pesca nell’immaginario fiabesco e terribile di Miyazaki. Quello che viene fuori è un autore con una voce riconoscibile graficamente e narrativamente, sicuramente una delle scommesse vinte della collana Feltrinelli Comics, ma dal quale adesso ci aspettiamo un nuovo salto di specie, magari verso il mondo adulto.
Il dna è stato sequenziato, vedremo come evolverà.

Di |2021-08-20T16:45:15+02:0020 Agosto 2021|Categorie: recensione|2 Commenti
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