“Il club delle persone colte che leggono i libri” consiglia
Da Il Fatto Quotidiano dell’11 agosto 2021
Immaginate gli editori italiani alle prese col fumetto che si aggirano sui social come cani da fiuto alla ricerca del nuovo ‘fenomeno del web’ da lanciare in libreria sperando diventi ‘fenomeno editoriale’. Spoiler: l’operazione riesce raramente e il più delle volte si affastellano in libreria pile di volumi che non valgono un decimo dei like presi online dai loro autori. Eppure, a volte, in questa pesca a strascico può rimanere impigliato un pesce magari non grosso in termini di vendite ma con un dna unico che gli permette il salto di specie: passare dal digitale al cartaceo, rimanendo se stesso.
Prendiamo “Il Gatto, il Kaiju e il Cavaliere”, l’ultimo libro edito da Feltrinelli comics di un autore che si chiama Davide Caporali, si firma Dado e su instagram lo trovate come @dado_stuff. Ecco, Dado – classe 1989 – non è un esordiente: ha collaborato con editori come Bonelli e Shockdom e autori come Sio (Scottecs) e Bevilacqua (A panda piace, Attica); ha centinaia di migliaia di follower che ogni giorno seguono le sue strip autobiografiche di trentenne alle prese con la paternità, comprimario insieme alla sua compagna e al figlio quattrenne. Niente di originale, ok, e infatti a rendere Dado irresistibile è la sua voce, il suo punto di vista, la sua stessa identità. E quando un autore ha questo dna il passaggio sulla carta riesce se si reinventa senza cancellarsi, se attua una mutazione. E così Dado in “Il Gatto, Il Kaiju e il Cavaliere” non abbandona del tutto l’ambito familiare a cui ha abituato il suo pubblico e racconta una favola. Una favola che ha per protagonista una bimba che si chiama Camilla (che potrebbe essere l’alter ego del suo figlio a fumetti a sua volta alter ego del suo vero figlio) e un gatto che si chiama Godzilla (a sua volta alter ego del gatto delle sue strip a sua volta alter ego e vabbè ci siamo capiti). In questo gioco di specchi che mescola identità reale e fittizia, Dado ci infila una storia semplice – più per bambini e ragazzi che per adulti – con una malinconia di fondo che la corrode sempre più fino al finale. L’umorismo (una delle due droghe che dopa ogni fumettista ‘virale’ sui social, l’altra è l’’intimismo depresso’) sempre così presente nei lavori online di Dado in questa favola quasi scompare: ci sono disegni dai colori brillantissimi, tavole ardite e mostri il cui concept pesca nell’immaginario fiabesco e terribile di Miyazaki. Quello che viene fuori è un autore con una voce riconoscibile graficamente e narrativamente, sicuramente una delle scommesse vinte della collana Feltrinelli Comics, ma dal quale adesso ci aspettiamo un nuovo salto di specie, magari verso il mondo adulto.
Il dna è stato sequenziato, vedremo come evolverà.