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Un caro prezzo, ma per cosa?

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Da Il Fatto Quotidiano – 14 marzo 2021

Non è facile parlare di un libro come A caro prezzo, scritto e disegnato dal francese Baru e pubblicato in Italia da Oblomov. Come non sono mai “facili” i libri di questa casa editrice fondata da Igor Tuveri, in arte Igort e a sua volta fumettista dei più raffinati e complessi (Quaderni ucraini, Quaderni russi, 5 è il numero perfetto). In un mercato in crescita come quello del graphic novel in Italia, bulimico spesso a discapito della qualità, Oblomov è un angolo tranquillo in cui le storie sono scelte con cura e in cui puoi trovare libri come A caro prezzo. Ma quindi: un “caro prezzo” per cosa?
La risposta non è “facile”. In questo libro, primo di una trilogia, ci sono storie che si svolgono su piani temporali diversi e si affastellano senza costrutto, proprio come fanno i ricordi. La prima è un episodio di sangue avvenuto nel 1893 in Francia, quando un gruppo di immigrati italiani fu lapidato da lavoratori francesi furibondi con gli stranieri “ladri di lavoro”. Le storie successive hanno per protagonisti le seconde generazioni; c’è la storia che dà il titolo all’edizione francese del libro, Bella ciao, che ricostruisce le origini di questo canto di rivolta e c’è la storia del nonno dell’autore, emigrato dall’Italia e che acconsentì alla naturalizzazione francese solo per non dover servire nell’esercito fascista di Mussolini; c’è la storia del comunista bambino, zio dell’autore, che da grande morì partigiano in Spagna nel 1938 e c’è – in chiusura, disegnata quasi come un appunto preso al volo su un quaderno – la “ricetta dei cappelletti”.Il segno grafico cambia continuamente: l’episodio del 1983 è in bianco e nero e ha ampie inquadrature, con scene in cui la dinamicità della rissa e degli inseguimenti sono così nitidi da farti sentire in bocca il sapore del sangue. Le storie successive sono invece ambientate in case più o meno borghesi e raccontate con colori tenui: la violenza è passata, i personaggi sono attorno a una tavola imbandita, litigano e discutono in francese ma cantano in italiano, la loro lingua d’origine. In alcuni momenti la violenza della guerra traspare ancora, intrecciata alla malinconia per le origini, e quindi i toni virano sul grigio ma sono sprazzi, sempre più radi, man mano che si stemperano nella serenità della vita nuova.
Quindi, alla fine, qual è questo “caro prezzo” e chi lo paga? Lo si capisce conoscendo meglio Baru: pseudonimo di Hervé Barulea, nato da padre italiano e madre bretone, vincitore nel 2010 del Grand Prix de la ville d’Angoulême (insieme ad autori come Moebius, Pratt, Eisner e Spiegelman). Figlio di emigrati, ha fatto di questa tematica la colonna della sua intera produzione (basti leggere Gli anni Sputnik, Quequette blues e Verso l’america). E forse è questo il “caro prezzo”: quello che uno straniero, in ogni epoca, deve pagare per costruire una nuova identità in una cultura diversa, cercando di non dimenticare le proprie origini. Il prezzo pagato per non essere più straniero, ma senza perdere la propria ricetta per i cappelletti.

by |Published On: 17 Marzo 2021|Categorie: news, recensione|2 Commenti on Un caro prezzo, ma per cosa?|

Falla girare!

2 Comments

  1. Dedalus 17 Marzo 2021 at 19:52 - Reply

    Scusa Nat, ti segnalo un refuso : Tuveri, non Tuvieri

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