Ma lo sanno tutti che i neri e gli asiatici non esistono, i primi erano i figli di noè abbronzati e appassionati di musica i secondi era quelli malati di itterizia.
Finiamola con queste maldicenze e dicerie stile terra quadrata!
Tu quoque vittima del politically correct di sta minchia ?
Mi è stato insegnato dalla scuola buona che ho frequentato, invero molto prima che arrivasse la buona scuola, che le parole sono importanti, perchè si portano appresso tante sfumature di significato.
Ad esempio una buona donna è diversa da una donna buona, un po come la buona scuola è diversa da una scuola buona. Cosi se in american english il concetto di black people non ha le sfumature di disprezzo insite nel termine nigger in italiano non è cosi.
Il termine negro nella nostra cultura pre pcdsm( politically correct di sta minchia ) indicava le popolazioni provenienti dall’africa centro meridionale, mentre il termine marocchino indicava altrettanto genericamente gente originaria dell’africa del nord, dal marocco all’egitto passando per tunisia algeria, libia.
Un termine tutto sommato neutro, con connotazioni non necessariamente negative, per esempio nella frase “lavora come un negro”, o anche “ce l’ha grosso come un negro”.
Invece quando si parla dell’aggettivo nero, si evoca immediatamente un significato negativo: una prospettiva nera, il gatto nero portatore di sfiga, il cavaliere nero cattivo e invincibile, e soprattutto a chi non corre un atavico brivido di terrore quando si parla dell’uomo nero: che viene a portar via i bambini cattivi?
Ne consegue che l’atteggiamento emotivo suggerito dall’uso della parola negro, è diverso da quello suggerito dall’uso del termine uomo nero.
Se ci fai mente locale quando erano negri non ne avevamo cosi paura come ne abbiamo da quando col pcdsm abbiamo iniziato a chiamarli uomini neri.
Ciao kalest la tua domanda è molto stringata quindi non sarà facile rispondere.
Se parli dell’importanza delle parole e del loro uso, si sono serio. (Esiste una branca della psicologia cognitiva, la programmazione neurolinguistica, che studia appunto la comunicazione dal punto di vista non logico-razionale, ma emozionale-relazionale).
Se parli del giudizio sottinteso dal paragone buona scuola – buona donna, ovvero che a partire dalla Moratti in poi le riforme della scuola siano state solo puttanate ignobili che hanno ridotto in mezzo a una strada un ottimo sistema scolastico, si sono serio.
Se ti riferisci al mio giudizio del politically correct, che secondo me spesso viene usato non per essere formalmente corretti, all’inglese per intenderci, ma solamente per sfocare i problemi e nasconderli sotto un velo di ipocrisia linguisticamente correct (di sta minchia). Ti faccio un esempio: handicappato – diversamente abile. Se sei costretto su una sedia a rotelle, impedito, ostacolato in molte delle operazioni quotidiane non c’e’ nulla da fare: hai un handicap. Puoi essere diversamente abile quanto vuoi ma la tua abilità diversa non supplisce il problema reale di fare le scale per uscire da casa. Sei una persona che ha bisogno di aiuto da parte della società in cui vive. Definirlo diversamente abile, sfoca il problema, e rende socialmente piu accettabile ad esempio ridurre i finanziamenti per le strutture che dovrebbero occuparsi di chi è svantaggiato. In fondo sei diversamente abile, mica un handicappato.
Il discorso vale anche se parliamo ad esempio di chi, pur avendo un handicap sviluppa altre abilità in grado di supplire. Per esempio se sei cieco, pardon ipovedente, (cogli la sfumatura? cieco – ipoVEDENTE) puoi aver affinato tutti gli altri sensi a livelli da supereroe, ma prova ad andare a fare la spesa al supermercato senza un aiuto. Riassumendo: il politically correct è una cagata pazzesca? Si sono serio.
Per finire se ti riferisci al fatto che il discorso sul temine negro rivela un fondo di razzismo, e dunque sono seriamente razzista? La teoria della divisione in razze è destituita di ogni fondamento dagli studi di genetica PUNTO. La razza umana è unica, non ha ulteriori suddivisioni, esiste solo l’homo Sapiens Sapiens. Eppero si sono razzista, perché oltre l’homo Sapiens Sapiens, esiste, nascosto tra di noi come un camaleontico alieno, esiste un altro tipo di ominide, che mima l’homo Sapiens Sapiens, ma in realtà appartiene ad una razza diversa: l’homunculus imbecillis imbecillis. Razza difficile da individuare e terribilmente resistente a ogni tentativo di estirpazione eugenetica. In questo senso, si sono serio.
Scusa se mi sono dilungato.
Una lettura superficiale e frettolosa delle parole di Caio potrebbe indurre a pensare che sia uno dei tanti razzisti dell’ ultim’ora. In realtà ha ragione quando dice che la parola “negro” (con la G) per diverse generazioni di italiani non aveva nessuna connotazione razzista.
In Italia per decenni il razzismo dovuto al colore della pelle non esisteva se non per qualche fascista rincoglionito, e anzi i “negri” americani erano visti spesso con ammirazione per le loro qualità artistiche o sportive (James Brown, Cassius Clay etc.).
Gli africani stavano nella loro terra e certo non suscitavano sentimenti di paura o ostilità ma piuttosto di simpatia o, da parte di qualcuno, di invidia del pene (una cazzata ogni tanto ci vuole).
Insomma milioni di italiani indicavano genericamente i “neri” con la parola “negri” senza alcuna malizia razzista, mentre oggi spesso capita di sentire gente che ringhia: “questi cazzo di neri” senza la G ma con vero disprezzo razzista.
Concordo sulla lettura che Antonio propone del lungo ma tutto sommato corretto post di Caio…
Una prova tanto banale quanto significativa del concetto espresso, ovvero della assoluta neutralità del termine e della buona fede con cui lo utilizzavano gli italiani prima del PCDSM si può estrapolare dal testo di famosissima, innocente canzone anni ’60 di E. Vianello:
…” siamo i Vatussi, siamo i Vatussi, gli altissimi negri”…
Esatto, e potremmo aggiungere “Vorrei la pelle nera” di Nino Ferrer o “Angeli negri” di Fausto Leali che confermano che il problema non è la G di neGro.
Conosco gente che disapprova il termine “negro” ed è convinta di non essere razzista ma che in realtà è molto infastidita dalla presenza di immigrati “di colore” nel posto dove vive.
Ipocrisia del politicamente corretto di ‘sta minkia, come dice Caio.
Ma lo sanno tutti che i neri e gli asiatici non esistono, i primi erano i figli di noè abbronzati e appassionati di musica i secondi era quelli malati di itterizia.
Finiamola con queste maldicenze e dicerie stile terra quadrata!
Tu quoque vittima del politically correct di sta minchia ?
Mi è stato insegnato dalla scuola buona che ho frequentato, invero molto prima che arrivasse la buona scuola, che le parole sono importanti, perchè si portano appresso tante sfumature di significato.
Ad esempio una buona donna è diversa da una donna buona, un po come la buona scuola è diversa da una scuola buona. Cosi se in american english il concetto di black people non ha le sfumature di disprezzo insite nel termine nigger in italiano non è cosi.
Il termine negro nella nostra cultura pre pcdsm( politically correct di sta minchia ) indicava le popolazioni provenienti dall’africa centro meridionale, mentre il termine marocchino indicava altrettanto genericamente gente originaria dell’africa del nord, dal marocco all’egitto passando per tunisia algeria, libia.
Un termine tutto sommato neutro, con connotazioni non necessariamente negative, per esempio nella frase “lavora come un negro”, o anche “ce l’ha grosso come un negro”.
Invece quando si parla dell’aggettivo nero, si evoca immediatamente un significato negativo: una prospettiva nera, il gatto nero portatore di sfiga, il cavaliere nero cattivo e invincibile, e soprattutto a chi non corre un atavico brivido di terrore quando si parla dell’uomo nero: che viene a portar via i bambini cattivi?
Ne consegue che l’atteggiamento emotivo suggerito dall’uso della parola negro, è diverso da quello suggerito dall’uso del termine uomo nero.
Se ci fai mente locale quando erano negri non ne avevamo cosi paura come ne abbiamo da quando col pcdsm abbiamo iniziato a chiamarli uomini neri.
Ma sei serio?
Ciao kalest la tua domanda è molto stringata quindi non sarà facile rispondere.
Se parli dell’importanza delle parole e del loro uso, si sono serio. (Esiste una branca della psicologia cognitiva, la programmazione neurolinguistica, che studia appunto la comunicazione dal punto di vista non logico-razionale, ma emozionale-relazionale).
Se parli del giudizio sottinteso dal paragone buona scuola – buona donna, ovvero che a partire dalla Moratti in poi le riforme della scuola siano state solo puttanate ignobili che hanno ridotto in mezzo a una strada un ottimo sistema scolastico, si sono serio.
Se ti riferisci al mio giudizio del politically correct, che secondo me spesso viene usato non per essere formalmente corretti, all’inglese per intenderci, ma solamente per sfocare i problemi e nasconderli sotto un velo di ipocrisia linguisticamente correct (di sta minchia). Ti faccio un esempio: handicappato – diversamente abile. Se sei costretto su una sedia a rotelle, impedito, ostacolato in molte delle operazioni quotidiane non c’e’ nulla da fare: hai un handicap. Puoi essere diversamente abile quanto vuoi ma la tua abilità diversa non supplisce il problema reale di fare le scale per uscire da casa. Sei una persona che ha bisogno di aiuto da parte della società in cui vive. Definirlo diversamente abile, sfoca il problema, e rende socialmente piu accettabile ad esempio ridurre i finanziamenti per le strutture che dovrebbero occuparsi di chi è svantaggiato. In fondo sei diversamente abile, mica un handicappato.
Il discorso vale anche se parliamo ad esempio di chi, pur avendo un handicap sviluppa altre abilità in grado di supplire. Per esempio se sei cieco, pardon ipovedente, (cogli la sfumatura? cieco – ipoVEDENTE) puoi aver affinato tutti gli altri sensi a livelli da supereroe, ma prova ad andare a fare la spesa al supermercato senza un aiuto. Riassumendo: il politically correct è una cagata pazzesca? Si sono serio.
Per finire se ti riferisci al fatto che il discorso sul temine negro rivela un fondo di razzismo, e dunque sono seriamente razzista? La teoria della divisione in razze è destituita di ogni fondamento dagli studi di genetica PUNTO. La razza umana è unica, non ha ulteriori suddivisioni, esiste solo l’homo Sapiens Sapiens. Eppero si sono razzista, perché oltre l’homo Sapiens Sapiens, esiste, nascosto tra di noi come un camaleontico alieno, esiste un altro tipo di ominide, che mima l’homo Sapiens Sapiens, ma in realtà appartiene ad una razza diversa: l’homunculus imbecillis imbecillis. Razza difficile da individuare e terribilmente resistente a ogni tentativo di estirpazione eugenetica. In questo senso, si sono serio.
Scusa se mi sono dilungato.
Una lettura superficiale e frettolosa delle parole di Caio potrebbe indurre a pensare che sia uno dei tanti razzisti dell’ ultim’ora. In realtà ha ragione quando dice che la parola “negro” (con la G) per diverse generazioni di italiani non aveva nessuna connotazione razzista.
In Italia per decenni il razzismo dovuto al colore della pelle non esisteva se non per qualche fascista rincoglionito, e anzi i “negri” americani erano visti spesso con ammirazione per le loro qualità artistiche o sportive (James Brown, Cassius Clay etc.).
Gli africani stavano nella loro terra e certo non suscitavano sentimenti di paura o ostilità ma piuttosto di simpatia o, da parte di qualcuno, di invidia del pene (una cazzata ogni tanto ci vuole).
Insomma milioni di italiani indicavano genericamente i “neri” con la parola “negri” senza alcuna malizia razzista, mentre oggi spesso capita di sentire gente che ringhia: “questi cazzo di neri” senza la G ma con vero disprezzo razzista.
Concordo sulla lettura che Antonio propone del lungo ma tutto sommato corretto post di Caio…
Una prova tanto banale quanto significativa del concetto espresso, ovvero della assoluta neutralità del termine e della buona fede con cui lo utilizzavano gli italiani prima del PCDSM si può estrapolare dal testo di famosissima, innocente canzone anni ’60 di E. Vianello:
…” siamo i Vatussi, siamo i Vatussi, gli altissimi negri”…
Esatto, e potremmo aggiungere “Vorrei la pelle nera” di Nino Ferrer o “Angeli negri” di Fausto Leali che confermano che il problema non è la G di neGro.
Conosco gente che disapprova il termine “negro” ed è convinta di non essere razzista ma che in realtà è molto infastidita dalla presenza di immigrati “di colore” nel posto dove vive.
Ipocrisia del politicamente corretto di ‘sta minkia, come dice Caio.
ragazzi, bellissima discussione. E’ proprio vero che i blog, in tempi di social, sono diventati isole serene
Ma Noè è Pirozzi?