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La censura social spiegata a mio padre

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la vignetta incriminata

Da Il Fatto Quotidiano di lunedì 13 Marzo

Caro papà, provo a raccontarti una storia un po’ difficile da capire. E non perchè sei cretino, non più di me almeno, ma perchè è una storia che esiste solo nel mondo dei Social Network e di chi li usa: e tu sei uno dei tanti che non li usa. Devi anche capire che – caro papà – a usare facebook siamo circa un miliardo e trecento milioni di persone, ma fatti tranquillizzare: ti racconto la storia più vecchia del mondo e i protagonisti sono un partito politico e l’insofferenza allo sberleffo. In mezzo, la novità: i social network.

Tutto inizia il 28 gennaio. Matteo Renzi, segretario Pd, tiene un discorso a Rimini all’assemblea nazionale degli amministratori locali. Sono giorni drammatici: l’ennesimo sisma ha provocato una valanga che travolge l’hotel Rigopiano in abruzzo uccidendo 29 persone. Ma noi siamo tutti in attesa del  “discorso del rientro di Matteo Renzi”. Il nostro, dopo aver ricordato le vittime di Rigopiano, dice: “vorrei che dedicassimo la nostra assemblea a una delle vittime di Rigopiano, Jessica, una giovane democratica. Il padre mi ha detto ‘abbiamo persa una figlia che credeva al cambiamento di questo Paese’. Parole che mi hanno fatto venire i brividi”. Io sono cinico, papà, mi conosci. Non ho resistito e ho disegnato una vignetta in cui provo a mettere a nudo la retorica dell’ex premier che lamenta – con la morte della giovane democratica – la perdita di un voto: “certo, magari gli altri 28 morti votavano il m5s, ma chi può dirlo?”.

Sì, lo so papà: non ti piace questa vignetta, ma è satira, se ti piace vinco ma se non ti piace vinco di più. L’unico crimine sarebbe lasciarti indifferente.

Ed ecco Facebook: pubblico la vignetta online, sulla mia “pagina pubblica”. Che se Facebook fosse una città reale, la “pagina pubblica” sarebbe il mio bar in cui chiacchiero o discuto con chi entra e viene a vedere il mio lavoro e (nel mio caso) parliamo di circa ventimila persone.

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la lettera dei GD

E’ sabato sera, 28 gennaio. Adesso seguimi, papà: tre giorni dopo, il 31 gennaio, i giovani democratici – che è l’organizzazione giovanile del Pd – pubblicano su facebook una lettera aperta a me indirizzata: sono indignati per la mia vignetta e raccontano una storia in cui io sono il mostro e loro sono i buoni, e va benissimo. Sono giovani e renziani, quindi pratici nell’utilizzo dei social network. E come diresti tu, papà, la finezza è nel manico. La lettera è intestata a “NATANGELO (DISEGNATORE DEL FATTO QUOTIDIANO)”. Perchè è importante questa cosa?

Perchè additano il mostro: mi iscrivono all’area – secondo loro – “nemica” (Il Fatto Quotidiano, che niente c’entra con quella vignetta) e taggano la mia pagina pubblica. Cosa significa “taggare”? Che chiunque legge quella lettera, e lo scempio che io ho fatto del corpo della giovane democratica con la mia vignetta, potrà semplicemente cliccare sul mio nome e trovare così l’indirizzo del “bar” cui ogni giorno io e i miei lettori parliamo del mio lavoro. E potrà venire a prendermi a sassate le finestre, scrivermi insulti sui muri, cagarmi sul bancone. Tra i commenti, le minacce e gli insulti che mi arrivano per giorni mi piace ricordare Angelo Ruggeri, già segretario del partito democratico di Somma Lombardo, che commenta con un testuale “Il Fatto Quotidiano è una montagna di merda, forza gridatelo con me Il Fatto Quotidiano è una montagna di merda”. Ora, dirai tu: “e vabbè? che sarà mai?”.

Niente, figurati. Ma insultarmi non bastava, bisognava farmi chiudere il “bar”.

Facebook ha delle regole che vietano contenuti di nudo, contenuti che incitano all’odio e contenuti violenti. Cosa significa? Che nel mio bar non posso appendere una foto di Belen con le tette all’aria, dire che bisogna sparare ai Rom o organizzare un convegno su perchè sia giusto squartare i gattini. Se lo facessi, gli utenti potrebbero “segnalarmi” a facebook. Ed è come quando a scuola andavi dalla maestra a dire che tizio dice le parolacce. I vandali così indirizzati dai giovani democratici mi hanno segnalato massivamente alla maestra, cioè facebook. La cosa raffinata è che la vignetta su Renzi e Rigopiano non violava alcuna delle regole di facebook: non incitava all’odio razziale, non era omofoba, non era misogina nè violenta. Quindi sono andati alla ricerca di qualsiasi altra mia vignetta potesse “violare” le regole di facebook.

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una delle vignette segnalate

Sono un vignettista satirico, papà, anche se la cosa non ti piace e mi volevi avvocato divorzista che tanto lì non mi bannava nessuno e guadagnavo di più. A differenza dell’umorismo tout cour che magari ti fa le battute sul traffico di roma, la satira lavora su materiale incandescente (questioni politche, razziali, religiose, etiche). Voilà, vengo quindi segnalato per due vignette: una in cui sintetizzo la posizione arzigogolata della chiesa sulle unioni civili con un Papa Francesco che grida: “A FROCI”. E una vignetta in cui, dopo la vittoria di Trump, c’è un Obama che dice triste: “Quello che mi secca è che ora tornerò ad essere il solito negro”. Bam! “Negro” e “frocio” sono parole proibite su facebook: i sinceri democratici, probabilmente organizzati in gruppi, mi segnalano e vengo bannato. Cosa significa “bannato”, papà?

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una schermata di ban

Significa che la mia pagina è muta, il mio bar è aperto ma non posso servire i clienti, mi viene chiusa la bocca per un totale di undici giorni. Dirai tu, papà, “è solo facebook: puoi continuare a dire la tua su altri canali”. Hai ragione, ma mi comincia – come dicono a Roma – a rodere il culo. Quindi contatto lo staff di facebook al quale espongo nel dettaglio la vicenda.

Faccio loro notare che le stesse regole del social prevedono che “Sono consentiti messaggi umoristici, satirici o commenti relativi a questi argomenti”: quindi, caro Facebook – gli scrivo – se una vignetta chiaramente satirica la consideri una violazione delle tue regole come puoi poi farti bello dicendo di tutelare la satira?

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il passo indietro di facebook

Lo staff di Facebook (sì, papà, ci sono delle persone vere dietro Facebook) analizza il caso e mi manda tante scuse: i contenuti sono stati “erroneamente” rimossi da facebook, quelle vignette erano satira, il ban è stato revocato e il 14 febbraio – undici giorni dopo la lettera aperta dei Giovani democratici – posso di nuovo aprire il mio bar satirico sul social di Zuckerberg. Cos’è successo nel frattempo? Che l’onorevole Pini (Pd) ha scritto su Facebook che uno come me non merita le lacrime dei democratici. Che Sergio Staino, direttore de L’Unità, ha pubblicamente affermato che la mia vignetta era ottima e degna di essere pubblicata. Che l’avvocato della famiglia della ragazza morta nella tragedia di Rigopiano mi ha scritto (anche lui) una lettera aperta su facebook per condannare la mia vignetta (non) pubblicata su Il Fatto Quotidiano minacciando procedimenti giudiziari che poi si sono dissolti come le casette promesse ai terremotati. Che Barbara D’urso ha usato la mia vignetta per un processo televisivo a me e al mio giornale (che non ha mai pubblicato la vignetta in questione). Che un certo addetto alla comunicazione renziana abbia concluso – come riflessione critica su questo episodio di censura – che io faccio delle vignette solo per farmi odiare dalla “gente del Pd”. Ha forse ragione, papà? E’ come canta Calcutta? “Ho fatto una svastica in centro a Bologna ma era solo per litigare”.

Boh. Quello che so io è che continuo a fare il mio lavoro, e mi importa poco se si incazza il Pd o il M5s o la lega a tutela degli animali: basta che si incazzino. Ma ora papà, ok che non sai cos’è Facebook, però ti prego non chiedermi di spiegarti Calcutta. Questo sarebbe davvero troppo difficile.

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Calcutta

 

Di |2018-01-25T13:53:50+01:0015 Marzo 2017|Categorie: nat show, news|Tag: , , , , , , |2 Commenti
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